molle(skine): diario morbido

Il tempo prima, il tempo dopo, il tempo durante

Alcuni hanno già avuto modo di leggere, ma in effetti ho a disposizione anche questo spazio (è mio, ci mancherebbe altro) e qualcuno me l’ha pure chiesto… Per cui, rilancio qui una cosa scritta là 🙂

 

C’era l’orologio della stazione di Bologna.
E adesso c’è quello sulla torre di Finale Emilia.

Entrambi, a loro modo, a più di trent’anni di distanza, sono diventati simboli che ci dicono che in questa terra che non ha mai tempo da perdere sono proprio gli orologi a fermarsi, a restare inchiodati alla propria responsabilità di battere le ore della vita collettiva nell’emergenza. Non c’è nessun orologio che si ferma così, quando tutto va bene. Ma sono fermi, invece, nel dolore.

 

“Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo. C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante. Un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire. Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare. Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci. Un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per serbare e un tempo per buttar via. Un tempo per stracciare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare. Un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace”.

Lo dice l’Ecclesiaste, sembra tagliato apposta per noi, adesso, sembrano le parole che quegli orologi non possono pronunciare, ma che forse vogliono far intendere.

Non è qui lo spazio per addentrarci in una discussione sulla linearità o meno del tempo, non ne avremmo nemmeno le competenze. Eppure sappiamo che è vero che tutto ricomincia, dunque, anche quello che si è fermato, anche se forse non sarà più come prima. E nulla vieta di pensare che potrebbe essere meglio.

Così, gli orologi si fermano quando il tempo quantitativo è giusto che si arresti, perché non ce n’è più, perché è giusto visualizzare anche in quel modo la frattura tra il “prima” e il “dopo”. Eppure, come spiega Nietzsche, non è il tempo quantitativo ciò che è importante ai fini del nostro essere umani, quanto invece il tempo qualitativo.

Per questo non c’è orologio che tenga, proprio perché la qualità e l’immensità di ogni singolo attimo è affidata a noi stessi. Allora forse il tempo si è davvero fermato, quello sulle torri e sui campanili. Ma nelle tendopoli invece va avanti, eccome, nei gesti semplici dei tanti volontari che loro sì, regalano davvero un sorriso all’Emilia, certo molto più di bolsi intrattenitori e delle loro discutibili operazioni cultural – solidali.

I simboli, poi, servono più che altro a ricordare e ricordare fa sempre bene perché è un’attività che evita diversi problemi. E quindi ce ne saranno altri, di simboli, in futuro. Speriamo.

Ma la vita, la vita per fortuna è altro ed è qualcosa di più rispetto al tempo che ci concediamo (o che c’è concesso), scandito da quegli orologi ora fermi.

 

Per tutto il resto, come al solito, stay tuned!

(finirà tutto questo, finirà tutto questo, finirà tutto questo!)