Le carte della Signorina Puttermesser

Quando incontriamo la Signorina Ruth Puttermesser, lei ha 34 anni, è un avvocato, lavora alla Municipalità di New York e porta stancamente avanti una relazione con Morris Rappoport, un fundraiser sposato di Toronto. Da qui, da un inizio sostanzialmente “neutro”, prende vita un romanzo che, allo stesso tempo, è stravagante, dirompente, eccentrico, straordinariamente erudito, sin troppo eterogeneo, spiazzante. Perché Ruth Puttermesser possiede una qualità assai rara: fa (forse) accadere ciò che (forse) immagina. Nei successivi capitoli, la troviamo così creatrice di Santippe, un golem femmina, grazie al quale diventerà sindaco di New York; coinvolta in una storia d’amore con un copista di opere d’arte, nel ricalco del rapporto tra George Eliot e George Lewes; ospitare a casa propria Lidia, una materialista cugina moscovita; infine morire e scoprire il segreto del Paradiso (che qui non riveliamo).
Cynthia Ozick – che in Italia non è conosciutissima – è una scrittrice eccellente, ma qui un po’ esagera, rischiando di perdersi per strada il lettore (ma se il lettore le rimane fedele, ne sarà ripagato).
Considerazioni ulteriori: l’immagine di copertina è bella, ma il packaging blu elettrico, con fascetta “buttata lì” di Foster Wallace arancione, è terribile. La traduzione di Elena Malanga, invece, è super, considerando che la Ozick è un’autrice che non disdegna l’uso dell’yddish e che l’intero romanzo ha un livello di citazionismo davvero importante.
Infine, “La carte della Signorina Puttermesser” ha pagine molto divertenti (qui sotto, per esempio, la descrizione dei partecipanti a un evento culturale in un appartamento newyorchese, a sostegno di una squattrinata rivista di poesia).

Puttermesser si guardò incontro: chi c’era in quella stanza? Varvàra aveva già individuato i personaggi più famosi: Bert Waldroon, drammaturgo e attivista, e Kirkwood Plethora, ormai sorprendentemente anziana, con il caratteristico orecchino da un lato solo che nascondeva un apparecchio acustico. C’era poi un giovane seminarista, il leader di Uomini per le Donne, un’organizzazione femminista di soli uomini dedita alla rimozione dalle Scritture di ogni pronome maschile riferito a Dio (…). C’erano alcuni poeti colleghi di Sky Hartstein, compreso quello che si accompagnava con la cetra tirolese e quello che scriveva in due lingue per promuovere l’esperanto. C’era una scrittrice di tiepidi romanzi, i cui libri vendevano abbastanza bene nonostante la grammatica e l’ortografia le fossero estranee.

Cynthia Ozick, “La carte della Signorina Puttermesser“, La nave di Teseo, (trad. Elena Malanga)