La strada di casa

Per l’ultima volta a Holt

La strada di casa” è l’ultimo romanzo di Kent Haruf ancora inedito in Italia. Lo pubblica ora NN Editore, contando sempre sulla magnifica traduzione di Fabio Cremonesi.
Uscito originariamente dopo “Vincoli” e prima della Trilogia della Pianura, “La strada di casa” ha, in sé, una trama molto semplice: Jack Burdette ricompare improvvisamente a Holt, da dove era fuggito molti anni prima, abbandonando la moglie Jessie e i due figli e dopo aver sottratto 150mila dollari alla cooperativa agricola della quale era presidente. La vicenda, dopo un incipit magistrale nel primo capitolo, viene narrata in un lungo flashback, da Pat Arbuckle, giornalista locale, in gioventù amico o ora nuovo compagno dell’ex moglie dello stesso Burdette.
Tema centrale del romanzo mi pare essere quello della giustizia: tutto, in questa occasione, suona infatti terribilmente ingiusto, a partire dalla figura di Burdette, un uomo dal comportamento miserabile, direttamente e/o indirettamente responsabile di vari illeciti e azioni moralmente riprovevoli, un uomo che, per quanto portati all’indulgenza verso i “cattivi”, non si può non odiare profondamente e che pure, per varie ragioni che qui non diremo, resterà sostanzialmente impunito.
Ma, come di consueto, non è il “plot” il pezzo forte di Haruf, quanto la narrazione perfetta – “perfetta” significa che è perfetta – sempre in bilico tra una tensione epica e il sentimento di compartecipazione alle vicende non tanto (o non solo) dei personaggi, quanto della sua più riuscita creatura. Che è la cittadina di Holt, appunto. Perché in questo romanzo – probabilmente ancora di più che nella stessa Trilogia – la protagonista è la “comunità”, un collettivo fatto di tante cose – invidia, malignità, passività, conformismo, ma anche prossimità, intesa come capacità del singolo di sentirsi comunque parte di una realtà che va oltre se stessi e la propria famiglia. In questi dettagli c’è la Holt di Haruf, archetipo non tanto della piccola cittadina americana, ma della “provincialità”, in senso lato e globale.

“La strada di casa” è – ovviamente – un romanzo magnifico (il capitolo 9, poi, è di una bellezza abbagliante e disamante, per quanto semplice è) e quel finale aperto accresce ulteriormente i rimpianti e la nostalgia per noi lettori, che torniamo a Holt per l’ultima volta.