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I ringraziamenti del -2

Due giorni ancora e poi, da venerdì 8 luglio, “I segni sulla terra” cesseranno di essere solo miei e diventeranno di chi lo vorrà.
Ho impiegato dieci anni a scrivere questo romanzo, il che non rappresenta certo un merito, ma, semmai, una testimonianza di pigrizia e inettitudine. E adesso che esce, come già detto, mi chiedo se poi ce ne fosse così bisogno.
Quando, in fase di redazione, ho inviato a Riccardo, di Arkadia, la famosa “pagina di ringraziamenti”, mi sono limitato a una frase stringata – “Da ognuno si impara. E tutti bisogna ringraziare” – che ha fatto saltare esattamente ciò per cui era stata richiesta (la “pagina dei ringraziamenti”, appunto). Suona anche un po’ presuntuosa, perché siamo abituati che spesso il “tutti” è come il “nessuno”. Ma non è così: in un percorso lungo dieci anni, probabilmente avrei dovuto scorrere un esteso elenco di persone, che alla fine sarebbe risultato stucchevole e comunque mancante. Probabilmente, quindi, farò ringraziamenti singoli, eppure credo molto nella necessità di quella frase e non la cambierò.

Undici anni fa, all’antivigilia dell’uscita dei “Pesci rossi“, ricordo che contavo i minuti. Oggi mi sento, invece, un po’ accartocciato, come se questo, poi, alla fine, fosse una sola delle cose che possono capitare. Sarà per via dell’età, sarà per le circostanze (la pandemia, la guerra, la siccità…), mi sono detto che era per queste cose. Ma, riflettendoci, penso che sia più che altro per un senso di imbarazzo: c’è un libro che esce e sopra c’è il mio nome, ma dentro c’è una somma varia di cose, per cui mentre si scrive si è soli, ma ciò che viene scritto è necessariamente “relazione”.
Questo vale per la scrittura, ma anche per ogni vita: l’io non ha gran senso, se non è ricompreso nel “noi”.
Non me ne vogliano, dunque, Riccardo, Ivana, Mariela, Valentina e tutto lo staff – gli amici, i collaboratori di Arkadia, che sono eccezionali – ma il primo ringraziamento che devo spendere è per Patrizio (Zurru).
La prima volta che l’ho incontrato, lui faceva il libraio, in Piazza Repubblica, a Cagliari. E quando sono entrato nella sua libreria – io con i “Pesci Rossi” che stavano andando bene e tutto – mi ha preso da parte, mi ha fatto vedere “Cancellazione” di Percival Everett e mi ha detto che Instar, la mia casa editrice di allora, andava ringraziata per quel libro lì.
Dopo siamo andati a berci una birra, insieme a Mauri.
E dopo, nei dieci anni successivi, lui c’è sempre stato.